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Giuseppe Bazzani

Mantova 1690 – 1769

Sacra Famiglia con Sant’Anna

olio su tela, cm 196 x 132, con sommità mistilinea

PROVENIENZA:
Curtatone (Mantova), Villa Cantoni Marca, fino alla metà del Novecento

Bibliografia:
F. Caroli, Giuseppe Bazzani, l’opera completa, Milano 1988, cat. 327, p. 210.

Holy family with Saint Anne
oil on canvas, cm 196 x 132

€ 50.000 - € 100.000

Venduto per € 50.000

Note:
La Sacra Famiglia con Sant'Anna di Giuseppe Bazzani è un dipinto di grande formato, noto agli studiosi, ma per la prima volta presente sul mercato. Considerato il Goya del nostro '700 padano, Giuseppe Bazzani è un pittore visionario, dalle pennellate vibranti e materiche, capace di creare scene di grande intimità ed impatto visivo anche nell'iconografia sacra. E così ci appare anche in questo caso, in cui il quadretto familiare, anzi il quadrone per via delle misure, è irriverente e intimo al tempo stesso, fresco e dissacrante. Nel protendersi verso Sant'Anna forse per toccarla, o addirittura nel tentativo di baciarla, come si fa con una nonna, il Bambino, tenuto in braccio dalla Madonna, scopre il sederino, e l'atmosfera sacra sembra quasi rompersi per farci calare nella vita reale, quotidiana, memore degli scorci dei Bassano. Il particolare del nudo svelato del bambino è irrituale e poco ortodosso, seppure leggermente attenuato dalla destinazione privata dell'opera (un uso altrettanto ardito del nudo si trova nell'adultera ripresa di schiena nel Cristo e l'adultera pubblicato da Caroli come in ubicazione sconosciuta, cfr. F. Caroli, Giuseppe Bazzani. L'opera completa, Milano 1988, cat. 277, p. 189). La modella che posa per la Vergine è sempre la stessa, forse si tratta della sorella Teresa che il pittore cita nel testamento del 1742 come beneficiaria delle sue proprietà o di una compagna, dal momento che Bazzani non risulta essere stato sposato. Soltanto l'imponente architettura sullo sfondo e l'usuale ritrosia di San Giuseppe ci riportano ai soliti riferimenti iconografici, mentre nella maestosità compositiva e nelle dimensioni il dipinto rimanda alla grandiosità delle pale venete, soprattutto del Veronese, e alla magniloquenza barocca di Rubens, stemperate però dall'immediatezza di tocco delle pennellate veloci e un po' cangianti alla Magnasco, pittori questi ultimi, a cui Bazzani seppe ispirarsi nel suo lungo percorso d'artista. Il dipinto qui offerto mostra appieno l'eccezionale scioltezza del ductus pittorico, in cui il tratto di lacca bruna definisce i contorni delle forme ed è usato come uno strumento di esplorazione del chiaroscuro a metà tra il disegno e la pittura, con esiti ancora più soddisfacenti per le dimensioni della tela. Osserva Flavio Caroli, che per primo pubblica l'opera tra gli addenda della monografia di Bazzani: "si tratta di una composizione di elevata qualità, da situare in stretta continuità con il Ciclo di Santa Maria della Carità a Mantova", riferibile alla maturità dell'artista agli inizi degli anni Cinquanta del Settecento (cfr. Ibidem, cat. 327, p. 210). Quest'ultima serie, infatti, "fra i capolavori assoluti di Bazzani", nota lo studioso, è datata ante il 1750 sulla base di prove documentarie scoperte recentemente (e non 1752, anno che appare in una lapide della chiesa mantovana, cfr. Ibidem, cat. 222-232, pp. 154-159, in part. p. 159). Sono questi gli anni di importanti commissioni ed il successo oramai consolidato nella sua città natale lo portò ad ottenere nel 1752 la nomina di maestro di pittura all'Accademia di Belle Arti, fondata quell'anno, e quindici anni dopo, nel 1767, all'elezione a direttore della sezione di disegno e pittura. Alla sua morte, nel 1769, gli succederà Giuseppe Bottani, oramai già neoclassico e degno esponente di una nuova stagione pittorica, più rigorosa e finalmente accademica ma certamente meno empatica e coinvolgente.

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Lotto numero 86, Dipinti Antichi e Arte del XIX Secolo &8211 Asta 119


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