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Quadri antichi: storia dell’arte antica

Arte antica: le pillole di Minerva Cafè

L’articolo su Minerva Cafè dedicato alla storia dell’arte antica e delle diverse scuole e grandi artisti che ne hanno fatto parte.

La scuola italiana

La scuola romana

La scuola romana si affermò a partire dalla fine del XVI secolo come frutto del clima culturale favorito dai Pontefici, che volevano elaborare un nuovo linguaggio figurativo come strumento di ampia devozione popolare. Ciò che veniva criticato infatti erano le ricercatezze e l’estrema libertà di interpretazione iconografica della concezione manierista.
Furono due gli artisti che a Roma manifestarono nelle loro opere la volontà di rifarsi alla verità delle cose e di riavvicinarsi alla natura: Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio e Annibale Carracci.
Se il primo impresse alla pittura un gesto rivoluzionario che la conduceva a una cruda visione della realtà coniugata a spregiudicate ricerche luministiche, il secondo, meno radicale, ha accettato la storia come esempio di esperienza passata che doveva essere ricondotta al presente, attraverso lo studio diretto della natura e dell’arte antica.
All’affermazione del filone caravaggesco faceva da contraltare la poetica classicista, sviluppata da Annibale e dai suoi seguaci, tra cui Domenichino e Guido Reni.
Fu proprio la cultura classica cinquecentesca il patrimonio comune di tutti gli artisti del Seicento che hanno inteso elaborare una nuova concezione barocca. Ciò avvenne con il Guercino e con Giovanni Lanfranco e con gli altri artisti di formazione carraccesca, che attraverso ricerche coloristiche e spaziali sono riusciti a sottolineare effetti di moto, di luce variante e di espansione atmosferica.
Alla fine del Seicento l’arte tardo barocca e rococò, caratterizzata da una forte attenzione al lato decorativo privo della magnificenza propria del primo barocco, si nutrì di un’intensa apertura al contesto europeo. Questo fenomeno coinvolse sia i quadri di carattere religioso sia i generi considerati minori (il paesaggio, la scena di genere, la veduta), che videro riconosciuta pienamente la loro dignità.
Le aste dei quadri antichi di scuola romana seicentesca hanno come protagonisti le opere di artisti come Angelo Caroselli, Antonio Gherardi, Carlo Maratta; mentre esempi della corrente settecentesca sono le pitture di Paolo Anesi, Andrea Locatelli, Paolo Monaldi.

Le influenze sulla scuola fiamminga

Gli artisti stranieri che giungevano a Roma attratti da queste novità non potevano non essere affascinati da questo nuovo messaggio realistico; in particolare i pittori di scuola fiamminga confluiti a Roma trovarono nelle ricerche luministiche nuove possibilità di indagine della natura e parteciparono allo sviluppo dei generi pittorici avviato da Caravaggio, producendo nature morte, scene di costume e di vita popolare che incontrarono molto il favore del pubblico. Fenomeno questo che ebbe più fortuna nel Nord del paese, dove la diffusione del protestantesimo calvinista, che si espresse contrario alla diffusione di immagini e quadri religiosi, favorì lo spirito profano dei dipinti.
Fu proprio il messaggio figurativo di Caravaggio la spinta propulsiva negli artisti olandesi, necessaria ad avviare un nuovo linguaggio caratterizzato da un’approfondita analisi della realtà e dallo studio cromatico tonale. Linguaggio che arrivò ad una moderna sperimentazione dei mezzi figurativi con Frans Hals, Rembrandt e Jan Vermeer.
Tra coloro che erano interessati a scoprire le novità della scuola italiana e ad apprendere da esse, si distinse il giovane Rubens che divenne l’ispiratore della nuova scuola figurativa del barocco fiammingo. I caratteri più distintivi della sua produzione furono una nuova interpretazione della complessità dello spazio e un nuovo atteggiamento sentimentale verso la rappresentazione.
La scuola fiamminga è rappresentata nelle aste da opere di pittori come Jan Frans van Bloemen e Abraham van Diepenbeeck, allievo di Rubens, oltre a rifacimenti di quadri di Rembrandt e Rubens.

La scuola napoletana

La pittura nella Napoli del Seicento trionfò grazie al contributo delle molteplici tendenze che si erano formate a Roma a cavallo tra Cinquecento e Seicento, in particolare grazie alla lezione del Caravaggio e alla presenza di Guido Reni e Lanfranco.
Giovanni Battista Caracciolo, detto il Battistello, fu tra i primi a subirne gli influssi avviando un rinnovamento linguistico basato sull’utilizzo della luce come mezzo formale per delineare forme nette e statuarie. Anche Jusepe de Ribera, detto lo Spagnoletto, unisce alla sua grande sensibilità naturalistica il realismo caravaggesco, cogliendo dalla realtà gli aspetti quotidiani, il disfacimento fisico e la crudeltà delle violenze.
Massimo Stanzione diede spazio nelle sue opere anche ad un messaggio classico attraverso un linguaggio raffinato, affiancato alle novità stilistiche.
Nuovi impulsi arrivarono alla pittura napoletana nella seconda metà del XVII secolo grazie a Mattia Preti e a Luca Giordano. Il primo coniugò la lezione caravaggesca con il cromatismo veneziano e con gli effetti compositivi spettacolari ereditati da Lanfranco e Guercino. Giordano invece annunciò una nuova concezione dell’opera arricchita dal naturalismo di Ribera, dalla propria vivacissima sensibilità cromatica e dal suo impeto creativo.
Le aste dei dipinti antichi del ‘600 di scuola napoletana mostrano, tra gli altri, artisti come Salvator Rosa, Andrea Vaccaro e Luca Giordano.
Nel Settecento l’insegnamento di Giordano influì in primo luogo Francesco Solimena, che riuscì ad arricchirlo con uno stile ampio capace di dispiegarsi in composizioni scenografiche di grande effetto. Alla sua scuola si formarono le giovani menti della pittura partenopea, come Francesco de Mura e Corrado Giaquinto. I quadri di questi artisti e quelli della loro cerchia costituiscono la parte più importante delle aste di antiquariato che includono il Settecento napoletano.

La scuola veneta

All’inizio del Seicento, nella scuola veneta di pittura ed in particolare in quella di Venezia, influenzate dalla battuta d’arresto della prosperità economica e dall’involuzione politica della Repubblica, avvenne un ripiegamento su posizioni accademiche volte alla conservazione dell’antica tradizione cinquecentesca. Furono soprattutto tre artisti a provocare un profondo rinnovamento in chiave barocca, grazie alla loro libertà pittorica e al loro esuberante colorismo: Domenico Fetti, Johan Lyss e Bernardo Strozzi.
La scuola veneta però visse nel Settecento una nuova stagione di fioritura, caratterizzata da una parte da una pittura dagli impasti densi e dall’accentuato chiaroscuro, dall’altra da un cromatismo più chiaro, intriso di luce solare. Fu la figura di Giovan Battista Tiepolo ad avviare un mutamento linguistico attraverso l’utilizzo della luce come elemento di fusione tra le figure e l’ambiente. L’artista, rifacendosi al patrimonio della pittura monumentale del ‘500 e del ’600, dà vita a uno spettacolo visivo che dilata gli spazi sfruttando le risorse prospettiche e il dosaggio della luce e del colore.
La scuola veneta è rappresentata nelle aste proprio dalle opere della sua bottega, oltre a quelle della cerchia del pittore Pietro Longhi.

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