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Lettera dattiloscritta firmata

“Caro Lo Duca ti sarò grato se interverrai immediatamente mandando a me (Piazza Adriana II) la tua risposta all’inchiesta del “Giornale d’Italia” nella quale ti prego di ribadire sinteticamente con le date già da te fissate nel “Temps” la priorità anticipatrice del Movimento Futurista quale padre estremista della parte estremista quindi significativa dell’arte moderna. Abbracci auguri e saluti fascisti. FT Marinetti” Joseph-Marie Lo Duca, originariamente Giuseppe Lo Duca, nacque a Milano il 18 novembre 1910, da famiglia di origini siciliane (precisamente di Milazzo). Fu scrittore, giornalista, critico d’arte, studioso di cinema e di arte erotica, autore di una Storia del Cinema tradotta in più di dodici lingue, e co-fondatore insieme ad André Bazin dei Cahiers du Cinéma (1951), la rivista di critica cinematografica francese. Dopo un esordio come romanziere nell’ambito futurista (La Sfera di Platino, Albenga, 1930, con prefazione di Marinetti) e di pubblicista, Giuseppe Lo Duca si rifugiò in Francia nel 1935 per evitare l’arresto dopo un duello con lo scultore Arturo Martini e ci rimase per tutta la vita. Cambiò il suo nome italiano in Joseph-Marie, si stabilì a Samois-sur-Seine, e da allora usò sempre il francese nelle sue opere. La rivista su cui doveva scrivere Lo Duca è probabilmente “Les temps modernes”, diretta all’epoca da J.-P. Sartre e di M. Merleau-Ponty. Il giudizio di Marinetti è forte, dirompente e inedito: rivendica al movimento una spinta estremista che lo pone come capostipite dell’arte moderna più avanzata, ribadendo un concetto che ancora suona estraneo a buona parte della critica d’arte. Davvero un interessante scoperta.

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