Renata Anguissola in Montanarella nasce a Resina ( Na ) nel 1893 dalla relazione fra d’Annunzio e Maria Gravina Cruyllas, sposata al conte Guido Anguissola. Renata, figlia molto amata dal Poeta che la chiamava affettuosamente “Cicciuzza”, viene ricordata per la sua vicinanza ed assistenza al padre nel periodo in cui era in convalescenza a Venezia, nella “Casetta rossa”, per l’incidente all’occhio destro verificatosi dopo un ammaraggio brusco nelle acque di Grado, nel 1916. A lei si deve la trascrizione e il riordino dei cartigli scritti dal Poeta bendato, utilizzati in seguito per la redazione del Notturno, pubblicato nel 1921. Durante la permanenza alla “Casetta rossa”, Renata conosce il Tenente di vascello Sivio Montanarella, che sposa nell’agosto del 1916: testimoni delle nozze sono il padre e Mario d’Annunzio. Da questa unione nascono 8 figli che rendono nonno il Poeta per la prima volta. Renata muore nel 1976 e viene sepolta nel cimitero del Vittoriale.Di tono familiare, le lettere a Renata sono piuttosto rare. Si comincia dalla prima, dove il poeta scrive: “Cara piccola dovresti invitare domani tu, per la tua festa, Carmela nubile, Tristano il triste, e Cattani il paziente. Io ho lavorato gran parte della notte, e sono stanco. Mille bisi.” Parlano tra loro di gite in gondola, delle condizioni del suo occhio che va migliorando, della sua assenza: “Senza te la casa è come un nido senza rondine”. Nella prima lettera del 1917 le confessa che “le condizioni del mio spirito non sono propizie allo sforzo mondano”, per cui deve declinare l’invito da una Contessa, dovendo partire il giorno dopo per Milano. Rimessosi, le chiede di procurare dei biglietti per assistere ad una commemorazione di Claude Debussy. Su carta intestata Squadra della Comina l’avvisa della possibile nuova destinazione del marito Silvio, raccontandole poi della sua attesa: “Qui non si fa nulla, per ora. Il cielo è sempre coperto, e le disposizioni sono sempre deplorevoli. Io sono in una tristezza cupa che mi curo di scuotere. E’ strano. Sono ancora troppo giovine. E’ proprio vero!”. Forse si preparava al celeberrimo volo su Vienna? L’ultima lettera data 7 settembre 1922, subito a ridosso del celebre “volo dell’arcangelo”: il 13 agosto 1922 alle ore 23 circa, Gabriele D’Annunzio cadeva da una finestra del Vittoriale. Intorno a questo banale incidente molto si è scritto e molto si è argomentato, attribuendo ad esso conseguenze persino gravi. Qui, alla sua piccola Renata, D’Annunzio confessa: la mia convalescenza fu veramente confortata da te! O tenerezza del mio “Notturno”! Rileggo il Re Lear. Non posso ocuparmi di pettegolezzi. Sono pur sempre molto in alto; e ho l’abitudine di comandare e di essere ubbidito. (…) Tutto il resto mi è estraneo. Auguro a te e ai tuoi ogni bene. Non timeo vulnera. 7 sett.1922 Gabriele”. Bellissimo insieme, davvero significativo.